Da “Il pane di ieri” di Enzo Bianchi, Ediz. Einaudi, pagg. 47/49 : “La vite come cultura. In una societa’ in cui si conosce il prezzo di ogni cosa ed il valore di nessuna, anche una fatica e una gioia umana antichissima come quella della vendemmia rischia di essere ridotta a cifre: ettolitri di vino prodotto, gradazione media, bilanci ed aspettative dei mercati, prezzi delle bottiglie di annata… E non sono solo le attese di un anno a essere raccolte e caricate sui carri per essere spremute: e’ il frutto di una pazienza ben piu’ antica.

La vigna, infatti, a differenza dei cereali e anche di molte piante da frutto, non e’ una coltivazione immediatamente produttiva: piantare una vigna e’ come fare un matrimonio con la terra, e’ gesto di grande speranza, che non a caso la Bibbia pone come il primo gesto compiuto da Noe’ dopo il diluvio. Significa stipulare un’alleanza con un pezzo di terra, affermare che li’, in quel posto preciso, si vuole dimorare, che ci si prende il tempo di attendere li’ e non altrove i frutti del proprio lavoro: coltura e cultura radicalmente diversa da quella nomadica e’ quella della vigna, una sorta di patto nuziale tra l’uomo e la natura senza il quale non puo’ nascere la cultura.”